Un semplice esame del sangue predice la demenza con 15 anni di anticipo, secondo uno studio innovativo

Un semplice esame del sangue predice la demenza con 15 anni di anticipo, secondo uno studio innovativo

Un nuovo studio ha puntato i riflettori su un esame del sangue che potrebbe potenzialmente predire l’insorgenza della demenza ben 15 anni prima che qualsiasi sintomo diventi clinicamente evidente. Questo progresso potrebbe inaugurare una nuova era nella diagnosi precoce e nella gestione della demenza.

Lo studio, che deve la sua svolta a una combinazione di analisi delle proteine ​​e intelligenza artificiale (AI), è stato condotto dal professor Jianfeng Feng dell’Università di Warwick. Il nuovo strumento predittivo, suggerisce, potrebbe essere facilmente incorporato nei sistemi sanitari, come il servizio sanitario nazionale nel Regno Unito, e utilizzato dai medici di medicina generale come metodo di screening di routine.

Il più grande studio sui campioni di sangue correlati alla demenza presso la Biobank del Regno Unito

Il più grande studio sul cervello (Immagine via Unsplash/Robina Weermeijer)
Il più grande studio sul cervello (Immagine via Unsplash/Robina Weermeijer)

Lo studio si distingue tra gli altri per l’esame della più ampia serie di campioni di sangue relativi alla ricerca sulla demenza, provenienti dalla Biobanca del Regno Unito. I 52.645 campioni di sangue raccolti, ottenuti tra il 2006 e il 2010, sono stati successivamente scongelati e analizzati 10-15 anni dopo da uno sforzo concertato tra l’Università di Warwick e l’Università Fudan di Shanghai.

Quando i ricercatori hanno rivolto la loro attenzione ai 1.417 individui del campione che in seguito hanno sviluppato demenza, hanno identificato una disregolazione – una sorta di squilibrio – di alcuni biomarcatori proteici nel loro sangue.

Nel complesso, 11 proteine ​​sono state considerate eccezionalmente precise nell’anticipare futuri casi di demenza, tra cui il morbo di Alzheimer e la demenza vascolare. Queste proteine, tra cui Gfap, Nefl, Gdf15 e Ltbp2, erano presenti a livelli elevati in individui che alla fine hanno dovuto affrontare tutti i tipi di demenza.

Secondo le affermazioni dei gruppi di ricerca coinvolti, quando questo modello orientato alle proteine ​​viene abbinato a parametri di misurazione del rischio più tradizionali – età, sesso, livello di istruzione e fattori di rischio genetici – l’accuratezza della previsione della demenza supera il 90%. Questa scoperta libera il potenziale per questi biomarcatori proteici di diventare parte di iniziative di screening della demenza diffuse e basate sulla comunità.

Potenziale impatto dei modelli diagnostici basati sulle proteine

Declino cognitivo lento (Immagine via Unsplash/Steven Hwg)
Declino cognitivo lento (Immagine via Unsplash/Steven Hwg)

Il professor Wei Cheng dell’Università di Fudan considera questo modello diagnostico basato sulle proteine ​​come un notevole passo avanti nel campo, che potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui la demenza viene prevista e gestita.

La demenza, una condizione caratterizzata da un continuo declino del funzionamento cognitivo , è tra le principali cause di morte e una sfida significativa nel campo sanitario nel Regno Unito e oltre.

Con oltre 74.000 morti solo nel 2022, ha gettato un’ombra profonda su molte vite. Uno dei problemi principali della demenza è la tardiva o completa mancanza di diagnosi in molti casi, che ha profonde implicazioni per il trattamento e la gestione.

La demenza colpisce molti anziani (Immagine via Unsplash/Pawel Czerwinski)
La demenza colpisce molti anziani (Immagine via Unsplash/Pawel Czerwinski)

Precedenti risultati avevano scoperto che un numero considerevole di persone non riceveva una diagnosi fino a un anno o più dopo che i sintomi cominciavano a presentarsi, con alcuni che aspettavano fino a tre anni.

Evidenziando la gravità della diagnosi precoce, gli esperti sanitari spingono per un tempestivo riconoscimento per offrire un supporto vitale alle persone colpite e ottimizzare l’efficacia di potenziali trattamenti, come i promettenti farmaci donanemab e lecanemab. Può rallentare la progressione di malattie come l’Alzheimer, ma è più efficace nelle fasi iniziali.

Il dottor Richard Oakley dell’Alzheimer’s Society riconosce il potenziale di questo modello per aiutare gli operatori sanitari a identificare gli individui a rischio di demenza e malattia di Alzheimer.

Anche se siamo al precipizio di questa ricerca con la necessità di ulteriori esplorazioni e convalide, le implicazioni sono promettenti. Questo approccio innovativo potrebbe gettare le basi per scongiurare precocemente la demenza e fornire spunti per fornire una diagnosi precoce e precisa per le persone a rischio.

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